La Commissione europea ha autorizzato l'immissione in commercio di Ocrevus ( Ocrelizumab ) per il trattamento dei pazienti con forme recidivanti attive di sclerosi multipla definite da caratteristiche cliniche o radiologiche, nonché di pazienti affetti da sclerosi multipla primariamente progressiva in fase iniziale in termini di durata della malattia e livello di disabilità, e con caratteristiche radiologiche tipiche di attività infiammatoria.
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato, progettato per agire in maniera selettiva nei confronti delle cellule B CD20+, un tipo specifico di cellule immunitarie considerate tra le principali responsabili del danno alla mielina ( ovvero la guaina protettiva che ricopre le fibre nervose isolandole e fungendo loro da supporto ) e all'assone ( cellula nervosa ), che si osserva nella sclerosi multipla e che determina disabilità.
Sulla base di studi preclinici, è stato osservato che Ocrelizumab si lega alle proteine della superficie cellulare CD20, espresse su alcune cellule B, ma non sulle cellule staminali o sulle plasmacellule, consentendo così di preservare importanti funzioni del sistema immunitario.
Ocrelizumab viene somministrato per infusione endovenosa ogni sei mesi. La prima somministrazione viene effettuata con due infusioni da 300 mg a due settimane di distanza l'una dall'altra. Le successive somministrazioni avvengono con infusione singola da 600 mg.
L’approvazione si basa sui dati ricavati da tre studi di fase III del programma sperimentale ORCHESTRA su 2.388 pazienti, i quali hanno soddisfatto l’endpoint primario e quasi tutti i principali endpoint secondari.
Dai dati ottenuti in due studi identici di fase III su forme recidivanti di sclerosi multipla ( OPERA I e OPERA II ) è emerso che Ocrelizumab ha dimostrato una efficacia superiore rispetto a Interferone beta-1a ( 44 mcg somministrati per via sottocutanea tre volte alla settimana; Rebif ), con l’80% circa dei pazienti libero da recidive e con una progressione della malattia significativamente più lenta nell’arco di un periodo di trattamento controllato pari a due anni.
Ocrelizumab ha inoltre determinato un aumento significativo delle probabilità di raggiungere lo status NEDA, condizione nella quale i pazienti non mostrano alcuna evidenza di attività di malattia in termini di nuove lesioni cerebrali, recidive e peggioramento della disabilità, pari al 64% nello studio OPERA I e all’89% nello studio OPERA II rispetto a Interferone beta-1a ad alto dosaggio ( p inferiore a 0.0001 e p inferiore a 0.0001 ).
In uno studio separato di fase III sulla sclerosi multipla primariamente progressiva ( ORATORIO ), Ocrelizumab è stato il primo e unico trattamento a rallentare la progressione della disabilità in misura significativa e a ridurre i segni dell’attività di malattia a livello cerebrale ( lesioni alla risonanza magnetica ), rispetto al placebo, con un follow-up mediano di tre anni.
La probabilità dei pazienti trattati con Ocrelizumab di manifestare progressione della disabilità confermata a tre e a sei mesi si è rivelata inferiore rispettivamente del 24% e del 25% ( p=0.0321 e p=0.0365 ).
Rispetto al placebo, Ocrelizumab ha inoltre rallentato in misura significativa la progressione della compromissione della deambulazione valutata mediante il test del cammino Timed 25-Foot Walk ( riduzione del 29.4%; p=0.0404 ).
Gli effetti indesiderati più comuni associati a Ocrelizumab in tutti gli studi di fase III sono state le reazioni all’infusione e le infezioni delle vie respiratorie superiori, perlopiù di intensità da lieve a moderata. ( Xagena2018 )
Fonte: Roche, 2018
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