La Commissione Europea ha approvato Tecentriq ( Atezolizumab ) in combinazione con Avastin ( Bevacizumab ) per il trattamento dei pazienti adulti con carcinoma epatocellulare ( HCC ) avanzato o non-resecabile che non avevano ricevuto una precedente terapia sistemica.
L'approvazione si basa sui risultati dello studio di fase 3 IMbrave150, che ha dimostrato che Atezolizumab in combinazione con Bevacizumab ha ridotto il rischio di morte ( sopravvivenza globale [ OS ] ) del 42% ( hazard ratio [ HR ] = 0.58; IC 95%: 0.42-0.79; p = 0.0006 ) e ha ridotto il rischio di peggioramento della malattia o di morte ( sopravvivenza libera da progressione [ PFS ] ) del 41% ( HR = 0.59; IC 95%: 0.47-0.76; p inferiore a 0.0001 ), rispetto a Sorafenib.
IMbrave150 è il primo studio di fase III di oncoimmunoterapia a mostrare un miglioramento sia della sopravvivenza globale che della sopravvivenza libera da progressione nelle persone con carcinoma epatocellulare non-resecabile rispetto a Sorafenib.
Eventi avversi di grado 3-4 si sono verificati nel 57% delle persone che ricevevano Atezolizumab e Bevacizumab e nel 55% delle persone trattate con Sorafenib.
Le reazioni avverse gravi più frequenti per la combinazione ( 2% o più ) sono state: sanguinamento nel tratto gastrointestinale e febbre.
Questi risultati erano stati pubblicati su The New England Journal of Medicine ( 2020 ).
IMbrave150 è uno studio globale, multicentrico, in aperto, che ha riguardato 501 persone con carcinoma epatocellulare non-resecabile che non avevano ricevuto una precedente terapia sistemica.
Le persone sono state randomizzate in un rapporto 2:1 a ricevere la combinazione di Atezolizumab e Bevacizumab oppure Sorafenib.
Atezolizumab è stato somministrato per via endovenosa ( IV ), 1200 mg il giorno 1 di ciascun ciclo di 21 giorni e Bevacizumab è stato somministrato, per via endovenosa, al dosaggio di 15 mg/kg il giorno 1 di ciascun ciclo di 21 giorni.
Sorafenib è stato somministrato per via orale, 400 mg due volte al giorno, nei giorni 1-21 di ciascun ciclo di 21 giorni.
Le persone hanno ricevuto la combinazione o il trattamento del braccio di controllo fino a progressione della malattia o tossicità inaccettabile.
I due endpoint primari erano la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da progressione valutata dalla struttura di revisione indipendente ( IRF ) secondo RECIST v1.1.
Gli endpoint aggiuntivi includevano il tasso di risposta globale (ORR ) valutato da IRF secondo RECIST v1.1 e mRECIST ( RECIST modificato ).
Esiste una solida motivazione scientifica a sostegno dell'uso di Atezolizumab e Bevacizumab in combinazione. Il regime Atezolizumab e Bevacizumab, infatti, può aumentare il potenziale del sistema immunitario per combattere un'ampia gamma di tumori.
Bevacizumab, oltre ai suoi consolidati effetti anti-angiogenici, può aumentare ulteriormente la capacità di Atezolizumab di ripristinare l'immunità antitumorale, inibendo l'immunosoppressione correlata al fattore di crescita dell'endotelio vascolare ( VEGF ), promuovendo l'infiltrazione del tumore delle cellule T e consentendo il priming e l'attivazione di risposte delle cellule T contro gli antigeni tumorali.
Il carcinoma epatocellulare è un cancro aggressivo con opzioni di trattamento limitate ed è una delle principali cause di morte di natura oncologica in tutto il mondo.
Ogni anno, più di 750.000 persone in tutto il mondo ricevono diagnosi di carcinoma epatocellulare con la maggior parte dei casi in Asia e quasi la metà di tutti i casi in Cina.
Negli Stati Uniti, il numero di casi di cancro al fegato è più che triplicato dal 1980 e il carcinoma epatocellulare rappresenta la causa in più rapida crescita di morte tumore-correlata, mentre in Europa, anche il cancro al fegato è in aumento, rappresentando oltre 80.000 diagnosi e circa 77.000 morti ogni anno.
Il carcinoma epatocellulare si sviluppa prevalentemente nelle persone con cirrosi dovuta a epatite cronica ( B o C ) o è associato al consumo di alcol, e si presenta tipicamente in una fase avanzata.
La prognosi per il carcinoma epatocellulare non-resecabile rimane infausta, con poche opzioni terapeutiche sistemiche e un tasso di sopravvivenza a 1 anno inferiore al 50% dopo la diagnosi. ( Xagena2020 )
Fonte: Roche, 2020
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