La Commissione Europea ha approvato Keytruda ( Pembrolizumab ) per il trattamento in prima linea del carcinoma polmonare metastatico non-a-piccole cellule ( NSCLC ) nei pazienti adulti i cui tumori esprimano alti livelli di PDL-1 ( tumor proportion score [ TPS ] maggiore o uguale a 50% ) e che non abbiano mutazioni EGFR o ALK.
L’approvazione si è basata sui dati dello studio, KEYNOTE-024, di fase 3 che ha mostrato una sopravvivenza globale e una progressione libera da malattia superiori con Pembrolizumab rispetto alla chemioterapia, l’attuale standard di cura.
Keytruda è stato approvato alla dose di 200 mg ogni tre settimane fino a progressione della malattia o a tossicità inaccettabile.
In precedenza keytruda ( 2 mg/kg ogni tre settimane ) era stato approvato nell’Unione Europea nei pazienti con tumore al polmone non-a-piccole cellule, avanzato o metastatico, i cui tumori esprimono PD-L1 ( TPS maggiore o uguale a 1% ) e che avevano ricevuto almeno una precedente chemioterapia.
Nei pazienti con elevata espressione di PD-L1, la terapia con Keytruda può portare a ridurre del 50% il rischio di progressione della malattia.
L’approvazione della Commissione Europea si è basata sui dati di KEYNOTE-024, studio randomizzato di fase 3 che ha valutato Pembrolizumab in monoterapia alla dose fissa di 200 mg rispetto all’attuale standard costituito da chemioterapia a base di Platino per il trattamento dei pazienti con carcinoma polmonare non-a-piccole cellule metastatico, sia squamoso che non-squamoso.
Lo studio aveva arruolato 305 pazienti non-sottoposti in precedenza a chemioterapia per la loro patologia metastatica e i cui tumori esprimevano alti livelli di PD-L1 e non presentavano mutazioni EGFR o ALK.
L’obiettivo primario dello studio era rappresentato dalla progressione libera da malattia; ulteriori parametri di efficacia erano rappresentati dalla sopravvivenza globale e dal tasso di risposta obiettiva ( ORR ).
Pembrolizumab ha ridotto il rischio di progressione di malattia del 50% rispetto alla chemioterapia ( hazard ratio, HR=0.50 [ IC 95%, 0.37, 0.68 ]; p inferiore a 0.001 ).
La sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 10.3 mesi ( IC 95%, 6.7-non raggiunto ) rispetto a 6 mesi con la chemioterapia ( IC 95%, 4.2-6.2 ).
A 6 mesi e a 12 mesi erano ancora in vita e non mostravano segni di progressione di malattia, rispettivamente, il 62 e il 48% dei pazienti trattati con Pembrolizumab rispetto al 50% e al 15% di coloro che avevano ricevuto la chemioterapia.
Pembrolizumab ha, inoltre, mostrato una riduzione del rischio di mortalità del 40% rispetto alla chemioterapia ( HR=0.60 [ IC 95%, 0.41, 0.89 ]; p=0.005 ); il risultato comprende anche 66 pazienti ( 43.7% ) nel braccio chemioterapia che, durante lo studio, erano passati a Pembrolizumab per il progredire della malattia.
La sopravvivenza mediana globale non è stata raggiunta in nessuno dei due gruppi. Il tasso di sopravvivenza globale a 6 mesi e a 12 mesi è stato, rispettivamente, del 80% e del 70% nei pazienti trattati con Pembrolizumab rispetto al 72% e al 54% dei pazienti in chemioterapia.
Il tasso di risposta obiettiva è stato del 45% nei pazienti in trattamento con Pembrolizumab ( IC 95%, 37-53 ), inclusa una risposta completa.
L’analisi di sicurezza si è basata su 2.953 pazienti con melanoma avanzato o tumore del polmone non-a-piccole cellule, trattati con quattro diversi dosaggi di Pembrolizumab ( 2 mg/kg ogni 3 settimane, 200 mg ogni 3 settimane, o 10 mg/kg ogni 2 o 3 settimane ) negli studi KEYNOTE-001, KEYNOTE-002, KEYNOTE-010 e KEYNOTE-024.
Le reazioni avverse più frequenti ( maggiori o uguali a 10% ) con Pembrolizumab sono state affaticamento ( 24% ), rash ( 19% ), prurito ( 17% ), diarrea ( 12% ), nausea ( 11% ) e artralgia ( 10% ).
La maggior parte delle reazioni avverse sono state di grado 1 e 2.
Le più importanti sono state reazioni immuno-correlate e gravi reazioni avverse associate all’infusione.
Pembrolizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che agisce aumentando la capacità del sistema immunitario dell’organismo a rilevare e a combattere le cellule tumorali.
Pembrolizumab blocca l'interazione tra PD-1 e i suoi ligandi, PD-L1 e PD-L2, attivando così i linfociti T che possono influenzare sia le cellule tumorali sia le cellule sane. ( Xagena2017 )
Fonte: Merck, 2017
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